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QUANDO SCATTA E QUANTO VALE LA PENSIONE DEI PARLAMENTARI.



QUANDO SCATTA E QUANTO VALE LA PENSIONE DEI PARLAMENTARI.
Niente pensione per quasi i due terzi del Parlamento se la legislatura terminasse troppo presto. Ecco a quanto dovrebbero rinunciare ogni mese e perché, tutto sommato, la voglia di votare subito è più una parte recitata che una reale volontà.

5 febbraio 2017

Segnatevi questa data: 16 settembre 2017. A meno che non sia il vostro compleanno o un anniversario che vi riguarda, per voi sarà un giorno come un altro.
Ma non è così per la maggioranza dei nostri parlamentari. È esattamente in quel sabato di fine estate che per 402 deputati e 193 senatori al primo mandato scatterà il diritto a ottenere la pensione. Lo riporta con precisione il sito Openpolis.it, sempre molto attento e documentato sulle vicende che riguardano gli inquilini di palazzo Madama e Montecitorio e dal quale sono state tratte le tabelle a corredo di questo post.



I vitalizi, come noto, sono stati aboliti durante il governo Monti a fine 2011. Al loro posto, una "normale" pensione, con sistema contributivo. Che i nostri parlamentari riceveranno di diritto al compimento del 65° anno di età, purché abbiano completato almeno un intero mandato di 5 anni. Ma, per effetto dei regolamenti interni di Camera e Senato, un anno viene maturato anche se solo si supera la metà di esso. Quindi, per tagliare il traguardo dell'agognata pensione, al 63% dei nostri parlamentari bastano 4 anni, sei mesi, un giorno di mandato. Scadenza che coincide con il 16 settembre 2017, appunto.

Aggiungiamo che, per ogni anno di mandato oltre il quinto, l'età pensionabile si abbassa di un anno, fino a un minimo di 60 anni di età. Contestualmente, ovvio, all'aumento dell'importo mensile pensionistico maturato.



Ma quanto vale la pensione cui puntano moltissimi parlamentari al primo mandato? 

Fino a prima della riforma del sistema, il vitalizio dopo un unico mandato valeva oltre 3.000 euro al mese lordi. Cinque volte quanto versato in un quinquennio, infinite volte quanto (non) versato da quelli che hanno praticato le Aule parlamentari anche solo per un giorno. Naturalmente la cifra incrementava di molto all'aumentare del numero dei mandati: la media di quanto continuano a percepire i titolari del "diritto acquisito" al vitalizio è di 5.575 euro al mese. Per un costo complessivo di oltre 200 milioni l'anno, come riporta in uno studio l'Istituto Bruno Leoni.

Attualmente, si diceva, il sistema è pensionistico e contributivo. E scatta solo al compimento dell'anzianità di mandato di almeno 4 anni e mezzo. Circa 800 euro al mese li versa il politico durante il periodo di attività, altri 1500 li mette la Camera di appartenenza. Alla fine, se non rieletto, il nostro parlamentare beneficerà di circa 1.000 euro al mese al compimento del 65° anno di età e fino a che morte non lo separi da noi.

Molto meno che in passato, certo. Ma comunque un meccanismo di enorme vantaggio. A quale altro lavoratore italiano basterebbero meno di 5 anni di lavoro per ottenere una pensione? Peraltro, doppia di quella minima dell'Inps?

Ecco perché per la totalità degli eletti pentastellati e per una percentuale non trascurabile dei parlamentari degli altri partiti, il 16 settembre di quest'anno è segnato in rosso sul calendario.

Mille euro mensili non consentono una vita da nababbo. Ma, magari sommati a pensioni o vitalizi maturati in altri Enti pubblici o privati, fanno maledettamente comodo.

E se costituiscono, per molti onorevoli e senatori, l'unica possibilità per garantirsi la vecchiaia - non avendo mai lavorato o quasi - ecco che la questione diventa di vita o di morte. Di una legislatura, e non solo.
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