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QUELLE VIOLENZE CONTRO I CRISTIANI IGNORATE DALLA POLITICA TRIESTINA.


L'arcivescovo di Trieste, mons. Crepaldi, chiede al sindaco Cosolini (PD) un atto forte di denuncia e solidarietà ai cristiani perseguitati e uccisi in tanti Paesi del mondo.

Il capo della Diocesi triestina ha ragione. Non perché un sindaco abbia il potere di fermare la barbarie, ovviamente. Ma perché la condanna verso la sistematica violenza nei confronti di innocenti, motivata solo dall'odio verso la Cristianità, deve levarsi forte e chiara a ogni livello. Compreso quello di un piccolo consesso elettivo di una città di duecentomila abitanti.

Peggio delle violenze sono l'ignavia, l'indifferenza, l'alzata di spalle. Quel "a me che importa?", pronunciato da Caino dopo l'uccisione di Abele, che uccide tanto quanto un'arma automatica.

Purtroppo, però, temo che monsignor Crepaldi rimarrà deluso. Non vi sarà alcuna presa di posizione da parte del Comune di Trieste come da lui e da molti auspicato. Semplicemente perché un documento in questo senso - e ancora più ampio - lo proposi al voto del Consiglio comunale già sei mesi fa, esattamente il 18 settembre 2014.

Venne bocciato. La solidarietà a perseguitati e oppressi venne negata. Da un manipolo di consiglieri di sinistra che votarono espressamente contro (i nomi sono quelli nella foto sopra). Da un'altra parte del centrosinistra che preferì astenersi ("a me che importa?"). Da quasi tutto il centrodestra che se ne andò via appositamente, già prima della discussione ("a me che importa?"). Dal sindaco che non ritenne di essere presente al voto ("a me che importa?").

La cruda realtà è questa, monsignor Crepaldi. La "Festa della Patria del Friuli" per la politica triestina merita, in Consiglio comunale, più tempo e attenzione di uomini, donne, bambini innocenti, massacrati in ragione della propria fede religiosa.




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