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PORTO VECCHIO, DEMANIO, PUNTO FRANCO: POSSONO CONVIVERE?

L'ing. Ondina Barduzzi, "mamma" della Variante del Porto Vecchio di Trieste.
Ondina Barduzzi fu un qualificatissimo ingegnere e professionista. Si impegnò, da tecnico, anche della gestione della cosa pubblica, rivestendo la carica di assessore in Comune di Trieste con la giunta Illy e poi in Provincia, chiamata dall'attuale presidente Bassa Poropat. Entrambe amministrazioni di centrosinistra. Ci ha lasciati nel 2009, a soli 57 anni, vittima di un male incurabile.
La Variante al Piano Regolatore del Porto Vecchio, redatta nel 2005 su incarico dell'Autorità Portuale, porta la sua firma e, oggi, è parte integrante dei Piani regolatori Portuale e Comunale ancora in attesa di approvazione definitiva.

Ondina Barduzzi redasse, fra l'altro, un'accurata analisi sulla compatibilità tra le nuove funzioni di "portualità allargata" - previste dalla Variante del Porto Vecchio - e i regimi insistenti sull'area: quello demaniale e quello di Porto Franco.

Le conclusioni, secondo l'ing. Barduzzi, furono che Porto Vecchio non si prestasse più a essere esclusivamente "porto". Ma che si possano aggiungere attività diverse dalla portualità commerciale (ormai circoscritta al solo AdriaTerminal), mantenendo senza incompatibilità sia la proprietà pubblica, sia il regime di Porto Franco.

Indipendentemente da come la si pensi sul tema, credo che questa autorevole analisi - peraltro fatta propria, con atti approvati, sia dal Porto che dal Comune, sia di destra che di sinistra - aggiunga un ulteriore elemento di conoscenza e riflessione a chi è interessato alle vicende della nostra città e del nostro Porto. E, soprattutto, a chi vuole formarsi una propria autonoma e ragionata opinione, rifiutando di aderire acriticamente a dogmi, slogan e qualche banalità, propinati da opposte fazioni in campo. A caccia di consensi e spesso poco informate nel merito.


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LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI

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Verifica della compatibilità tra la Variante al PRP per l’ambito del PV con il regime demaniale e di Punto Franco.

redatta da
dott. ing. Ondina Barduzzi
15 giugno 2005


Per individuare strategie di trasformazione dell’ambito del Porto Vecchio che garantissero un'attuazione urbanisticamente corretta, ma anche compatibile con il regime giuridico delle aree (demaniale e di Punto Franco), è stata condotta un'indagine internazionale su ambiti aventi caratteristiche simili. 

Va innanzitutto ricordato che, con la firma del Memorandum di Londra del 1954, l’Italia si è impegnata a “mantenere” il Porto Franco di Trieste in "general accordance" con le disposizioni dell’Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 1947. A questo vincolo sono costretti tutti gli organi statuali italiani, compresa l’Autorità Portuale di Trieste, che gestisce le aree del Porto Franco, inteso come somma dei cinque Punti Franchi esistenti, in conformità alla normativa vigente. Va infatti rilevato che il Porto Franco di Trieste è segnato da un peculiarissimo regime giuridico scaturente dalla stratificazione di norme di fonte internazionale, nazionale e comunitaria.

In base all’art. 19 dell’Allegato VIII al Trattato di Parigi, reso esecutivo in Italia con D.Lgs. C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, le cui norme costituiscono “referenti normativi primari” della fattispecie (Cons. Stato, Sezione II n. 2957/95, Adunanza Generale del 21 marzo 1996), il Direttore del Porto Franco (ossia l’Autorità Portuale di Trieste) “adotterà tutte le misure ragionevoli e necessarie per l’amministrazione, il funzionamento, la manutenzione e lo sviluppo del Porto franco, come un porto efficiente ed idoneo a far prontamente fronte a tutto il traffico relativo”.

Ampi poteri sono quindi conferiti all’Autorità Portuale “per assicurare che il porto ed i mezzi di transito di Trieste possano essere utilizzati in condizioni di uguaglianza da tutto il commercio internazionale...” (art. 1, All. VIII).

Il Punto Franco Vecchio non è che uno dei punti franchi facenti parte della zona del Porto Franco tutelato dal diritto internazionale, e viene amministrato da parte dell’Autorità Portuale nell’ambito delle strategie di sviluppo dell’attività portuale. In altri termini, l’Autorità Portuale mediante lo strumento giudico del Piano Regolatore Portuale, disegna l’assetto strutturale ed operativo del Porto (quindi di tutti i 5 Punti Franchi che lo compongono), individuando la destinazione funzionale delle aree portuali.

La Variante al PRP per l’ambito del PV scaturisce dalla necessità di risolvere l’annosa questione dell’utilizzo delle aree del Punto Franco Vecchio, evidenziando il percorso di individuazione dei possibili interventi di potenziamento infrastrutturale e valutando alternative dimensionali attraverso parametri tecnici, urbanistici, ambientali ed economici.

Il polo portuale compreso nell’area del Punto Franco Vecchio, costruito tra il 1868 ed il 1883, presenta oggi una scarsa potenzialità produttiva: il Porto Franco Vecchio, ed in particolare il suo bacino, non sono adatti al traffico di navi da carico di grande tonnellaggio principalmente a causa di:
  • estrema prossimità della diga di difesa alla testata dei 5 moli, con conseguente difficoltà di manovra per le navi di grandi dimensioni, specie in presenza di bora;
  • fondale medio di poco più di 6 m. (contro i 10 m. del Punto Franco Nuovo e i 17 m. del Punto Franco Oli Minerali);
  • obsolescenza degli edifici, dei quali circa la metà è sottoposta a vincoli architettonici;
  • magazzini di deposito vetusti e strutturalmente non compatibili con i moderni mezzi di trasporto, la maggior parte delle strutture coperte (ad eccezione di Adriaterminal e due magazzini) si trova in cattivo stato di conservazione;
  • isolamento dell’area in esame rispetto agli altri settori portuali, problemi di viabilità.
La riqualificazione del Punto Franco Vecchio risulta essenziale per il funzionamento ed il potenziamento dell’intero sistema portuale, incentrato sullo spostamento baricentrico a Sud, verso il vallone di Muggia (Molo VII – Piattaforma Logistica – Ferriera di Servola – area ex Esso). In particolare il Porto Vecchio, centro di attività portuali-emporiali fungerà in futuro da “polmone” per il Porto Nuovo, centro di attività portuali-commerciali-industriali, sempre in ossequio delle norme nazionali ed internazionali (rispetto del regime di demanio e di “Porto franco” ex Allegato VIII).

A tal fine, la Variante configura, nell’ambito del Porto Franco Vecchio, l’esplicarsi di attività tipiche della “portualità allargata”, che comprendono oltre a quelle strettamente portuali anche:
  • attività economiche (sedi bancarie e borsistiche, finanziarie ed assicurative);
  • attività direzionali;
  • attività logistiche;
  • attività universitarie e culturali, di comunicazione, di formazione e ricerca, e di informazione connesse con l’attività portuale, economica ed emporiale;
  • attività ricettive, ricreative, commerciali e di ristorazione;
  • attività diportistiche anche a carattere sportivo;
  • terminal traghetti. 
La coesistenza di attività strettamente portuali con altre attività non è del resto una novità nel Punto Franco Vecchio: la variante al Piano Regolatore del 26.07.73 aveva previsto la costruzione di uno stabilimento balneare alla diga del Punto Franco Vecchio e tutt’oggi, accanto ai 73 edifici demaniali presenti nel Punto Franco Vecchio, 31 non sono adibiti a magazzini generali bensì ad usi diversi: residenza, uffici, officine, centrali, bar, etc.

È inconfutabile che il recupero di una parte delle aree del Punto Franco Vecchio risponda alla necessità di potenziamento delle funzioni emporiali e terziarie del porto e della città.

In relazione al Porto Vecchio, la Variante al PRP per l’ambito del PV persegue quindi un duplice ordine di obbiettivi:
  • potenziare il porto operativo, creando le condizioni favorevoli per lo sviluppo di attività economiche in grado di produrre reddito e valore aggiunto;
  • creare sinergia tra città e porto, generando benefici alla collettività sotto forma di integrazione del porto con la città, sia attraverso la fruizione dell’ambito portuale da parte degli abitanti e dei turisti, sia adattando il fronte mare urbano alla presenza del porto.
Orbene, le maggiori argomentazioni a favore della legittimità della Variante al PRP per l’ambito del PV derivano dal diritto internazionale stesso, in particolare dall’art. 1, All. VIII sopra citato, ove si fa riferimento alle “consuetudini vigenti negli altri porti franchi del mondo”.

Dall’analisi comparata dei maggiori porti e zone franche del mondo emerge con chiarezza la crisi della tradizionale funzione delle Free Zones, come centri di transito e di trasformazione industriale sostenuti da massicci pacchetti di incentivi fiscali. 
Il progressivo smantellamento dei dazi doganali e gli accordi commerciali dell’Organizzazione mondiale del commercio, in particolare il WTO Agreement on Subsidies and Countervailing measures (1994), che sanziona l’utilizzo delle finora consuete agevolazioni fiscali alle zone franche, stanno spingendo le numerosissime zone franche mondiali verso nuove vocazioni nel campo dei servizi, della logistica, del turismo, del Research and Development (R&D), dei parchi scientifici e tecnologici, dei call centres (c.d. shift towards services).

I nuovi membri dell’Unione Europea dovranno adattare le proprie normative sulle zone franche a quella comunitaria seguendo il modello delle zone franche spagnole, tedesche, inglesi, irlandesi, che hanno già da tempo dovuto abbandonare il modello di zona franca tradizionale (per non incorrere nel divieto di aiuti di Stato in base al Trattato CE) ed hanno sviluppato un nuovo concetto di zona franca orientato verso il settore dei servizi. Si pensi alle zone franche spagnole (Barcellona, Cadice, Viga, etc.), che da zone franche industriali si sono evolute con successo in grandi centri logistici e di ridistribuzione. Le zone franche devono infatti essere “abbastanza flessibili da adattarsi costantemente ai mutamenti dei bisogni delle città, del paese e delle imprese private” (Jose-Luis Rodriguez, Direttore della Zona Franca di Barcellona).

Anche l’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO), nel Rapporto del 2003 sulle zone franche d’esportazione, constata che “Zones have evolved from initial assembly and simple processing activities to include high tech and science zones, finance zones, logistics centres and even tourist resorts”.

L’esperienza sta indicando che le zone franche del futuro saranno centri d’eccellenza per le attività portuali, industriali, emporiali, economiche, finanziarie, del terziario avanzato: viene tuttavia segnalata in dottrina l’esigenza di integrazione con l’economia nazionale e di sinergia tra zone doganali e non. Le attività c.d. “miste” all’interno di una stessa zona franca sono lo strumento privilegiato per realizzare la sinergia tra zone recintate, al di fuori del territorio doganale ed il resto del territorio di uno Stato, con il fine di evitare l’isolamento della zona franca, che è un aspetto fortemente negativo dello status di zona franca extradoganale.

Pertanto, si può affermare che la nuova configurazione delle attività da svolgersi nel Punto Franco Vecchio è conforme sia con il regime giuridico del demanio, sia con quello di porto franco internazionale ex All. VIII, in quanto fa proprie le consuetudini vigenti negli altri porti e zone franche del mondo e rispecchia il sopracitato trend evolutivo delle tradizionali zone franche verso il settore dei servizi e della logistica.

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Si citano di seguito alcune zone franche, quali esempi di coesistenza tra attività di “portualità allargata” in zone franche, che hanno un ben preciso core business industriale- commerciale: 

1. AEGEAN FREE ZONE (IZMIR, TURCHIA)
Zona franca doganale (recintata e con varchi doganali) a circa 10 km dal Porto di Izmir
Core business: produzione industriale, deposito, assemblaggio, immagazinaggio, manutenzione-riparazione Altre attività: servizi commerciali, finanziari, assicurativi, Immobiliari.
Servizi sociali: child care centre (asilo, baby parcheggio); centro medico e dentistico; centro sportivo; Space Camp Centre (centro di formazione scientifica, addestramento per giovani aspiranti astronauti e scienziati) con annesso punto vendita di articoli d’abbigliamento, etc.; mensa, cafeteria, restaurant; servizi di catering per le imprese stabilite nella zona franca

2. TUTTE LE ZONE FRANCHE EGIZIANE
1. Alessandria: è una zona franca portuale pubblica, interessata attualmente da importanti progetti che riguardano i settori del manifatturiero, dello stoccaggio e dei servizi;
2. Nasr City: è una zona franca privata, localizzata all’interno del governatorato del El Cairo, la capitale dell’Egitto. Situata in prossimità dell’aeroporto internazionale del El Cairo, gode dei vantaggi e della facilità di accesso derivanti dalla vicinanza alla città. Include progetti nel settore manifatturiero, stoccaggio e servizi;
3. Suez: è una zona franca privata formata dal Porto di Tawfik (18.72 acri che si estendono a sud del canale di Suez) e dall’area di Adabbia (60.32 acri localizzati a sud del Canale di Suez). Costituisce, pertanto, un punto focale fra l’Egitto, i paesi arabi e i paesi africani;
4. Ismailia: è una zona franca pubblica localizzata a metà strada tra il porto di Port-Said sul Mar Mediterraneo e il porto di Suez sul Mar Rosso ed ha importanti aziende che lavorano nel manufatturiero stoccaggio e servizi.
5. Damietta: è una zona franca pubblica situata sul Mar Mediterraneo, adiacente al porto di Damietta, ai confini nord-est del Delta, che è considerato la via marittima più strategica nel mondo.
6. Port-Said: è anch’essa una zona franca pubblica, adiacente all’omonimo porto che si affaccia sulla Costa Mediterranea. E' il crocevia del commercio tra il Lontano Oriente. Copre un’area di 729.000 m2.
7. Media Production: è una particolarissima zona franca pubblica, specializzata nelle attività di: a) diffusione televisiva, radiofonica e satellitare; b) produzione, fabbricazione, assemblaggio dei materiali e delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle summenzionate attività; c) servizi pubblicitari, di promozione e di pubbliche relazioni; d) organizzazione di esposizioni permanenti per le società nazionali ed internazionali produttrici di prodotti di telecomunicazione e mediatici, e) costruzione di hotels, infrastrutture turistiche e centri commerciali serventi la zona franca; f) servizi bancari; g) importazione e stoccaggio di macchinari, componenti, apparecchi, necessari per il funzionamento e le attività di produzione mediatica; h) produzione di programmi e sistemi informatici.
Le Zone Franche egiziane si trovano all’interno del territorio politico nazionale ma sono considerate fuori dai limiti doganali, con la conseguenza di offrire una maggiore libertà nelle transazioni e negli scambi ed attraendo investimenti stranieri. Esse godono di una serie di privilegi, incentivi, esenzioni e garanzie, previste dalla normativa speciale egiziana sulle zone franche.

3. BARCELLONA (SPAGNA)
Core business: transito, stoccaggio, attività industriali, logistica, sevizi commerciali.
Altre attività: Il Consorzio della zona franca di Barcellona ha promosso progetti immobiliari urbani tra cui:
- Centro Commerciale Barcelona Glories
- Nexus I Building: in cooperazione con l’Università di Barcellona; serve per ospitare imprese che sviluppano progetti di Research & Development
- Parco logistico
- Parco tecnologico e biomedico
- City metropolitana (aree di sosta, centro congressi, officine, aree commerciali)

4. TUTTE LE ZONE FRANCHE DEL CENTRO AMERICA
Hanno sviluppato il settore dei servizi accanto alle attività di core business.
La totalità delle zone franche del MERCOSUR si sta specializzando nel settore dei commercial services.
La COLOMBIA intende conferire valore aggiunto ai servizi commerciali mediante lo sviluppo delle attività turistiche.
ZONE FRANCHE TURISTICHE (TOURIST FREE TRADE ZONES): aree geograficamente limitate autorizzate ad operare con incentivi fiscali e fuori dal territorio doganale.
COLON FREE ZONE (PANAMA): è la più grande zona franca dell’emisfero occidentale. Nel mondo è seconda solo a quella di Hong Kong per estensione e volume di attività.
Core business: transito, importazione, immagazzinaggio, assemblaggio, imballaggio, riesportazione, ridistribuzione.
Circa l’80% delle attività commerciali di Panama sono svolte nella CFZ.
Altre attività: turistiche (show rooms visitati ogni anno da migliaia di turisti che possono comperare tutti i prodotti desiderati, free of tax; i compratori possono inoltre disporre che i prodotti acquistati vengano spediti dal magazzino al porto o aeroporto di partenza); servizi bancari, assicurativi; registro navale.

5. LE ZONE FRANCHE DEGLI EMIRATI ARABI UNITI
Esempi più illustri:
Dubai Jebel Ali Free Zone
Core business: transito, deposito, manipolazione, distribuzione, commerciale
3,880 imprese di più di 100 paesi, tra cui ABB, Black & Decker, PFAFF, Komatsu, Cussons, CIBA-Geigy, Tetra-Pak, Colgate-Palmolive, Nestle, HJ Heinz, Unilever, Nivea, L’oreal, BP, Total Lubricants, Shell, BASF, Honda, Tata, Nissan, Mitsubishi, Bridgestone, Acer, Bose, JVC, Toshiba, Sanyo, Yamaha, Sony, Matsushita, Philips, Siemens, Nokia, Daimler Chrysler.
Altre attività: servizi residenziali per la comunità dei lavoratori ed utilizzatori della zona franca; consulenza, coordinamento con le autorità locali per il rilascio dei visto ai lavoratori immigrati, patente di guida, servizio sanitario; computer e internet; legali; logistici; postali; finanziari, bancari ed bancari; ristorativi; cliniche mediche; sicurezza; sviluppo del settore crocieristico; etc.
Sharjah Airport International Free Zone
Core business: import, export, assemblaggio, manipolazione, commercializzazione.
Altre attività: servizi residenziali per la comunità dei lavoratori ed utilizzatori della zona franca; computer e internet; legali; logistici; postali; bancari; ristorativi; carburante; agenzie viaggio; cliniche mediche; sicurezza; etc.
ALTRE ZONE FRANCHE:
Dubai jebel Ali Free Zone Authority Pharma-Med Park Dubai Technology & Media - DuBiotech Free Zone Dubai Airport Free Zone
Dubai Cars&Automotive Zone
Dubai Internet City
Dubai Media City
Dubai Gold&Diamond Park
Mohamned Bin Rashid Technology Park Hamriyah Free Zone
Ajman Free Zone
Ahmed Bin Rashed Free Zone
Ras Al Khaimamah Free Zone
Fujairah Free Zone

6. CHABAHAR FREE ZONE (IRAN)
Core business: transito, industria, commercio, servizi.
Altre attività: servizi turistici (balneari, hotel e club resorts, risoranti, sport, intrattenimento)


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Tratto da: "VARIANTE AL PIANO REGOLATORE PORTUALE PER L’AMBITO DEL PORTO VECCHIO DI TRIESTE" dd. 15.06.2005 - RELAZIONE GENERALE
AGGIORNAMENTO dd. 27.03.2006 (Voto n. 169 dd. 16.11.2005 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) ); dd. 27.11.2006 (prot. 8644 Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali); dd. 25.01.2007 (prot. DSA-2007-2378 Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) 
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